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Peccati di gola

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Peccati di gola

 

            Claretta quella mattina si attardava davanti allo specchio, truccandosi con accuratezza.

            - Clara, non stai facendo tardi per la scuola? – le chiesi.

            - Per niente.

            Finalmente alle 8,30 sedette per colazione. Avevo capito che quel giorno sarebbe entrata più tardi, ma mi sorpresi di vederla elegantemente vestita. Le chiesi:

            - Oggi mezza festa?

            Mi fece uno strano sorriso, poi rispose:

            - Da oggi sono in pensione.

            Soltanto la mia Claretta ha la capacità di lasciarmi a bocca aperta, anche perché sapevo che non scherzava: su certe cose non lo fa mai. Mi ripresi un po’ e chiesi:

            - A quarantanove anni?

            Si strinse nelle spalle:

            - Magari sarò l’ultima pensionata baby…

            Io, che mi ero rassegnato a vederla faticare sino a sessantasei anni, non riuscivo a capacitarmi. Intanto lei mi teneva sulle spine. Finalmente riuscii ad articolare la bocca:

            - Come hai fatto? – biascicai.

            - Motivi di salute.

            - Di salute?

            - Sì, tu non mi osservi mai, sei convinto che io abbia ancora diciotto anni, invece… Non senti la voce rauca?

            - Sì, una infreddatura passeggera, come al solito…

            - E’ cronica.

            - Oh, Claretta…! – un moto di sincera compassione mi aveva ghermito il cuore.

            - Così dice il certificato che son riuscita a ottenere dal nostro amico medico. Inoltre ricordi quella lussazione alla spalla destra?

            - Quando in auto non ti eri messa la cintura e Tea andò a sbattere?

            - Sì, non posso alzare il braccio per scrivere alla lavagna.

            - Ma tu sei mancina!

            - Dettagli…

            - Clara, hai imbrogliato lo Stato?

            - No, perché vado in pensione col metodo contributivo, quindi in pratica mi daranno il mio, ciò che ho versato, rateizzato per gli anni che mediamente vivrò.

            - Ma… prenderai la metà di prima!

            - Un po’ meno… ma ho fatto un accordo con Dora (Teodora per l’anagrafe, Tea per Eugenio): la sostituirò all’erboristeria, anzi io e te lavoreremo nel pomeriggio, che è più impegnativo. Gianni lavorerà al mattino. Le spese saranno sempre a metà, ma i guadagni al sessanta per cento per noi. Non è un ottimo accordo? Tanto, tu con le indagini ormai fai la fame. Inoltre potrò controllare meglio che tu in negozio non ti metta a corteggiare tutte le oche del paese.

            Ero frastornato: Clara in pensione così giovane, io a sgobbare il pomeriggio con lei, a evitare quelle belle chiacchierate con le simpatiche quarantenni del paese, tutte preoccupate per l’età che avanzava… Come si fa a vendere senza corteggiare un po’? La mia dolce consorte proseguiva:

            - Una donna giovanile, ancora sulla breccia, vende molto più di un uomo stagionato e spelacchiato come te…

            - Può darsi, ma potevi almeno consultarti con me…

            - Perché? Tanto, non riuscivi a farmi cambiare idea.

            Sembrava proprio che Clara avesse sempre ragione: o l’aveva o se la prendeva… Le precisai:

            - Ogni cinque anni dovrai sottoporti a un controllo sanitario e potrebbero rimetterti in servizio…

            - Dici? Uhm, è una possibilità in più.

            - E Tea? Aiuterà Gianni?

            - Oh, non te l’ho detto? Lei è stata assunta per fare l’ispettrice gastronomica presso i ristoranti, in incognito, per una famosa pubblicazione annuale. Guarda che tutti la chiamiamo Dora.

            - Andrà lontano?

            - No, ha avuto l’esclusiva per la parte occidentale della nostra regione.

            Mi venne da ridere: Tea era una ghiottona, e la sua pancia era l’unica parte rotonda del suo stagionato corpo. Come sarebbe diventata?

            - Perché ridi?

            - Niente, niente: è un bel lavoro, specialmente per lei.

            - Io non avrei potuto farlo: col mio metro e sessanta peso settanta chili!

            - Non preoccuparti: in negozio, tutto il giorno in piedi, entra ed esci dal magazzino, a chinarti per gli scaffali bassi, ad alzarti in punta di piedi per quelli alti, dimagrirai.

            - Può darsi, ma in magazzino manderò te, gli scaffali alti saranno per te e quelli bassi lo stesso, altrimenti rischio di strappare la gonna…

            - Ma non puoi metterti una gonna un po’ più larga?

            - Sì, così sembrerei una monaca! Non hai nessuna pietà per i miei quarantanove anni!

*          *          *

            Naturalmente Tea si organizzò a modo suo: L’orario mattutino, che era 9,30 - 13,30, divenne 7,30 – 11 (ma di fatto apriva dopo le otto e chiudeva dieci minuti prima delle undici), recuperando tre ore il lunedì, quando invece chiudeva dopo le quattordici; ma in effetti in negozio stava Gianni, che per il nuovo lavoro dovette farle da autista (“Così posso controllarlo meglio, dopo quella storiella con la maga!”).

            Ristorante dopo ristorante, Tea consumava tre o quattro lauti pasti al giorno, rifocillando Gianni, che l’attendeva in auto, con gli avanzi e con tanto vino, visto che Tea era quasi astemia.

            Tutto andò bene, sino a quando una sera non rincasarono.

            - Si saranno fermati a dormire fuori. – disse Clara.

            Un po’ prima delle ventitré provai a chiamare Gianni, ma non rispose. Forse dormiva o era amorevolmente impegnato.

            Il giorno dopo provammo alternativamente a chiamare lui e Tea, ma i cellulari suonavano a vuoto.

            Il capitano dei Carabinieri mi disse:

            - E’ sparito di nuovo? Starà dormendo della grossa da qualche parte come l’altra volta…

            Il Commissario si mostrò ancora più scettico:

            - Eugenio, tutti sanno che, dopo quel presunto “rapimento” di Gianni, i due tubano come colombi: lasciamoli in pace.

            Clara e io ci guardammo negli occhi e andammo via.

            - Dove sono andati ieri? – chiesi a Clara.

            - Non lo so, ma sul calendario del tinello Dora annota tutto.

            - Peccato che non abbiamo la chiave… - mi rammaricai.

            - Che bisogno c’è della chiave?

            La mia Claretta è sempre stata una collaboratrice formidabile e “disinvolta”, e per molto tempo ho creduto davvero che, se non avesse vinto il concorso per la scuola e anche sposato me, sarebbe diventata un’eroina della “mala”.

            Davanti al portoncino di casa “Colombi” si tolse una forcina e armeggiò un po’ con la vecchia serratura, tendendo l’orecchio. A un tratto si udì uno scatto e il portoncino si aprì.

            Trovammo il calendario e il programma del giorno prima; poi studiammo i percorsi. Clara mi disse che Tea spesso convinceva Gianni a percorrere le strade provinciali perché in quel modo si accorciavano i percorsi e si risparmiava “ un mucchio di benzina”.

            Partimmo subito e seguivamo le strade ipotizzate, ad andatura ridotta. Clara guardava a destra e io a sinistra. Al crepuscolo dovemmo fermarci in un modesto motel.

            All’accettazione un uomo di mezza età chiese il documento solo a me, squadrò Clara, poi commentò:

            - Niente bagaglio, ovviamente.

            - Clara, prendi il tuo documento per il signore. – e a lui: - E’ mia moglie.

            - Eugenio, l’ho dimenticato…

            - Ci avrei scommesso. – commentò il portinaio, mentre Clara rideva sotto i baffi che non ha.

            - C’è un ristorante qui vicino? – chiesi allo scommettitore.

            - Duecento metri più avanti, ma è un po’ caro. Però penso che a lei questo non importa, non stasera.

            Stavo per rispondergli per le rime, quando sentii prendermi la mano da Clara e desistetti. La camera risultò spartana, ma confortevole e ben riscaldata. Commentai:

            - Ci ha presi per una coppia clandestina. Ovviamente tu sei l’amante di un uomo sposato. Ma come abbiamo fatto a dimenticare il cambio e i pigiami?

            - Non badarci: nella mia stuzzicante lingerie stasera sarò la tua amante…

*          *          *

            Cenammo presto e tornammo subito. Il tizio ci diede la chiave sorridendo sornione.

            In quell’ambiente nuovo e accogliente Clara fu meravigliosa. Ci addormentammo presto e ci svegliammo all’alba.

            - Partiamo subito… - suggerì Clara.

            Il curiosone sorrideva sardonico e commentò:

            - Dormito poco, eh?

            Di rimando io gli chiesi la fattura. La compilò e me la consegnò scrutandoci un’altra volta:

            - In fondo siete una bella coppia… Io penso che, dopo il divorzio, vi sposerete.

            Mi voltai disgustato, dirigendomi all’uscita insieme a Claretta. Lui disse:

            - Vi auguro una buona giornata! E a presto!

            Claretta si voltò e gli mandò un bacio con la punta delle dita. Io emisi un grugnito.

            Saliti in auto, mentre facevo riscaldare il motore, ci chiedevamo dove potessero essere finiti i due “colombi”. A un tratto il mio cellulare squillò. Era Gianni:

            “Ciao, Eugenio… L’altra sera abbiamo avuto un incidente: siamo finiti in un piccolo canale, perché io ero un po’ brillo. Fortuna che il canaletto era poco profondo… No, io ho solo qualche graffio, ma Tea ha la testa fasciata, poverina! Proprio ora che andavamo alla grande! Sta anche dimagrendo, con la dieta dell’ospedale! Ma dice che si rifarà presto…”

            Andammo a trovarli. Lui aveva anche avuto un trauma cranico. Lei era messa peggio, perché non indossava la cintura:

            - Col mio pancione non la sopporto! – disse.

            Tra pianti, racconti, preoccupazioni per il negozio, necessariamente “chiuso per ferie”, acquisto di provviste supplementari, voglia di compagnia, fecero fare buio,in quella stagione.

            Quando ci svincolammo, pioveva a dirotto.

            - Fermiamoci. – disse Clara, - Non voglio finire in un canale!

            - Ma qui vicino c’è soltanto il motel di quel satiro!

            - Poverino! E’ così simpatico!

            Anche le vostre mogli si divertono a definire “simpatici” gli uomini che detestate? O è soltanto un dispettuccio della mia Claretta?

            Comunque, stavolta il tizio non parlò, pur avendo un sorriso più largo della bocca. Anzi, con dieci euro in più ci diede la suite. Nell’andare verso l’ascensore, ebbi l’impressione che strizzasse l’occhio a Clara!

            - Non si preoccupi! – esclamò lei – Se non l’ho ancora sposato, lo sposerò presto!

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